UNA DECISIONE DIFFICILE
Era passato un mese e Claire era riuscita ad elaborare quanto gli era accaduto. Rose era stata una madre per lei.
Quella mattina si era appena svegliata quando sentì il dolce e delizioso profumo del pane appena sfornato. Rose spesso per colazione gli prepara del pane fatto in casa da lei. Era sempre dolce e gentile. Con lei si sentiva libera di aprirsi ed esprimere il proprio dolore. Gli era stata vicina in uno dei momenti più difficili di tutta la sua vita. Era sempre comprensiva e gentile. Mai la metteva a disagio o la costringeva a parlare o ad aprire un argomento per lei molto doloroso. Rose non aveva avuto figli purtroppo. Aveva raccontato a Claire che era stata sposata con un uomo affascinante e bello ma che purtroppo il loro matrimonio ebbe vita breve, in quanto lui ebbe un incidente. Fu investito da un'auto e non ebbero tempo nemmeno di programmare un figlio. Ne avevano sempre parlato anche prima del matrimonio, ma erano sposati ancora da poco tempo che non c’era stato modo di approfondire il discorso. Aveva sofferto moltissimo per la morte del marito e da allora aveva deciso di non innamorarsi più di nessuno. L’uomo della sua vita era stato il suo amato Matthew e lo sarebbe stato per sempre nel proprio cuore.
Claire si sollevò dal letto scoprendosi e stirando le braccia in avanti. Era ancora un po assonnata ma quell'odore di pane appena sfornato la stava risvegliando. Si coprì con la camicetta da notte e mentre scendeva dal letto guardò le lenzuola bianche. Erano candide come la neve, quindi quel mese non aveva sanguinato come ogni mese «Non ho sanguinato» sussurrò tra sé con un filo di voce, quasi spaventata anche all’idea stessa di dirlo ad alta voce. Era ingenua ma non così stupida da non capire che quelle lenzuola candide significano una sola cosa, aspettava un bambino da quel mostro.
Rose era in cucina, aveva appena sfornato del pane fatto in casa, lo stava tagliando a fette sottili, così da fare colazione insieme alla sua dolce Claire. Quella ragazza era ormai diventata la sua bambina. L’aveva accolta nel momento in cui aveva più bisogno e ne era stata felice. Aveva bisogno di amore, di affetto e di una casa accogliente. Lei era una dolce fanciulla che purtroppo aveva incontrato delle persone sbagliate che gli avevano fatto del male. Le prime settimane in cui l’aveva accolta in casa, Claire non riusciva nemmeno a parlare ma piano piano che passavano i giorni, aveva cominciato a dire qualche parola, quindi aveva cominciato a fidarsi di lei. Da quel momento in poi era riuscita a sfogarsi liberamente con lei, a confidarsi e Rose gli era rimasta accanto, senza giudicarla o metterla a disagio. Era solo una ragazzina che aveva perso tanto nella sua vita e meritava tanto amore e lei glielo aveva dato. Era riuscita a conquistare la sua fiducia.
Quella mattina aveva aperto le tendine rosa e ricamate, spostandole dalla finestra, così che il sole mattutino con i suoi raggi caldi potesse entrare in casa. Aveva messo il vassoio sul tavolo con una teiera bianca con una decorazione floreale al centro, che conteneva del tè caldo, la zuccheriera di porcellana bianca e due tazze con dentro due cucchiaini «Claire tesoro, la colazione è pronta» alzò la voce in modo che la sentisse. Nel frattempo stava posizionando dei tovagliolini sul tavolo, piegandoli a metà.
Claire si sentì chiamare. Inizialmente era troppo concentrata e immersa nei propri pensieri che non l’aveva sentita dire il proprio nome, ma poi venne scossa improvvisamente e tornò alla realtà rendendosi conto che Rose la stesse chiamando. Fece un respiro profondo, prese il coraggio di uscire dalla propria camera. Di solito prima di fare colazione lasciava tutto in ordine, non voleva disturbare Rose anche per rifare il letto. Ma quella mattina era troppo sconvolta anche per formulare un semplice pensiero, quindi uscì velocemente, come se volesse fuggire da quella camera, senza rifare il letto e lasciando i vestiti sparsi sul pavimento dalla sera precedente. Rose la stava aspettando in sala da pranzo così da fare colazione insieme come ogni mattina. Quando la vide entrare notò che c’era qualcosa che non andava. Claire era rimasta ferma e immobile sulla porta che dava alla sala da pranzo «Eccoti. Ho preparato il pane caldo che ti piace tanto. Oggi cosa ci vuoi del miele o del latte?» domandò dolcemente. Si soffermò notando che non si muoveva da lì e che non gli rispondeva. Si avvicinò velocemente verso di lei «Tesoro stai male? Che succede?» chiese in preda ad una profonda preoccupazione.
Claire rimase impassibile e pallida in volto, come se si fosse in qualche modo interrotta ed effettivamente lei sentiva che la sua vita si fosse appena interrotta nuovamente e in maniera brutale e crudele. Stupidamente aveva pensato che dopo l’accaduto sarebbe riuscita ad andare avanti con la propria vita, ma quella vita stessa la stava di nuovo mettendo alla prova, sempre in maniera cruenta.
Rose effettivamente preoccupata, la prese sotto braccio, facendola sedere sulla sedia. Si era seduta a sua volta e gli scostò i capelli dalla guancia, così come faceva una madre con una figlia «Sai che puoi dirmi tutto, vero? Puoi parlare con me, piccina» disse dolcemente, cercando di tranquillizzarla.
Claire finalmente sollevò lo sguardo verso di lei, con gli occhi lucidi, colmi di lacrime «Non ho sanguinato, questo mese» riferì tutto d’un fiato. Lo aveva appena detto ad alta voce e quasi gli vennero i brividi lungo la schiena. Era così sconvolta e scioccata che lo disse per la seconda volta «Non ho sanguinato, questo mese» ripeté ancora una volta, ripensando a quella maledetta notte, in cui aveva subito una tale violenza da spezzarla in due.
Rose capì immediatamente la situazione, prese la sua mano e la strinse delicatamente, con fare amorevole e affettuoso, come quello di una madre «Non sei obbligata a tenerlo, se non lo vuoi» disse dolcemente. Capiva perfettamente il suo dolore e la sua sofferenza. Non sarebbe stata una scelta facile da prendere ma nessuno poteva costringerla e obbligarla a tenere quel bambino, nato da una violenza. Sapeva però che quel bambino non aveva alcuna colpa, non aveva deciso lui di venire al mondo, quindi Claire aveva la possibilità di darlo in adozione, così da dargli una vita migliore.
Claire per qualche istante si riprese, il suo volto riprese colore, le sue guance tornarono rosa «Dici davvero?» chiese con voce flebile. Non aveva mai pensato a quella possibilità o tanto meno all’eventualità di restare incinta, tanto meno di poterlo dare via.
Rose la guardò dolcemente «Penso che dovresti darlo alla luce e dopo potremmo portarlo dalle suore, così che possa avere una vita migliore. Sono sicura che qualcuno lo adotterà e lo amerà» affermò cercando di dargli conforto, in quella situazione difficile «Non temere, andrà tutto bene, te lo prometto».
Claire la guardò dolcemente scoppiando in lacrime al punto da non riuscire a dire nient’altro. La violenza che aveva subito, l’aveva scioccata oltre ad averla sconvolta nel profondo e sapeva perfettamente che non sarebbe più stata se stessa, da ora in avanti. Qualcosa dentro di lei si era spezzato e niente e nessuno sarebbe riuscito mai a ricucire ciò che si era reciso nel profondo della sua anima.
I nove mesi successivi passarono in fretta. Quella notte fu lunga e difficile, ma alla fine riuscì a dare alla luce il bambino, il figlio del mostro.
Fu un parto difficile e complicato, ma Rose era rimasta con lei fino alla fine. Partorì in camera da letto, grazie al suo aiuto. Il bambino era un maschietto, sano e in perfetta salute. Claire lo sentì piangere per la prima volta. Rose la guardò, avvicinando il fagotto a lei «Vuoi tenerlo, prima di…» non finì la frase che Claire fece cenno di no, con la testa. Non voleva tenerlo tra le braccia e tanto meno guardarlo. Si limitò a voltarsi dall’altro lato così da non dover soffrire ancora. Era consapevole che quel bambino era innocente e non era colpa sua, ma era il promemoria di quello che aveva subito e questo la turbava profondamente fin dentro l’anima, al punto da opprimerla e soffocarla, facendole mancare il respiro.
Rose si allontanò con il fagotto tra le braccia e uscì dalla camera da letto «Sono sicura che avrai una vita migliore» sussurrò dolcemente. Rose raggiunse il Convento di Tyburn e consegnò il bambino alle suore. Sperava che qualcuno lo avrebbe amato e adottato. Non poteva biasimare la scelta di Claire. Poteva immaginare il dolore che provava nel vedere ogni giorno quel bambino, che sarebbe stato il costante promemoria dello stupro subito. Non avrebbe avuto una vita facile con una madre che lo odiava e detestava, quindi in cuor suo sperava che avrebbe avuto una vita migliore anche senza la sua vera madre.
Passarono i mesi, da quando aveva dato alla luce quel bambino e Claire era cresciuta e con sé era accresciuta anche la sua bellezza. Quella bellezza che l’aveva spinta in quel vicolo buio insieme a quel mostro. La bellezza che l’aveva fatta stuprare e quella stessa bellezza adesso la spaventava. Quando usciva di casa anche solamente per andare a fare la spesa, gli sguardi indiscreti degli uomini che la osservavano la mettevano a disagio. Ogni volta pensava che qualcuno di loro si sarebbe avvicinato per approfittarsi di lei. Anche quando nessuno la guardava, lei aveva la sensazione di essere osservata e spiata, come se tutti gli occhi fossero puntati su di lei.
Rose nel frattempo si era ammalata e Claire si occupava di tutto, della casa e della spesa. Quindi era costretta ad uscire e ad affrontare quel mondo crudele che l’aveva tradita svariate volte e che l’aveva pugnalata al cuore con l’obiettivo di distruggerla. Ma lei era sopravvissuta a tutto quel dolore nonostante se lo sarebbe portato dentro per il resto dei suoi giorni.
Claire si prese cura di Rose fino al suo ultimo respiro. Quel pomeriggio si diresse in camera di Rose per passare del tempo con lei. Entrò in salotto, pensando che stesse riposando sulla sua amata poltrona davanti al camino, ma qualcosa la scosse nel profondo, una sensazione. La sensazione che non stesse dormendo ma che stesse riposando ormai per l’eternità «Rose» la chiamò svariate volte ma non ottenne alcuna risposta. Per l'ennesima volta aveva perso qualcuno che amava, Per l’ennesima volta gli era stata strappata via una madre. Si, Rose era ormai come una seconda madre e non era riuscita a dirgli addio e tanto meno che le voleva bene. Per qualche minuto continuò a chiamarla e scuoterla sperando in qualche miracolo che la facesse tornare da lei, ma non accadde nulla. Rose era morta. Anche lei l’aveva abbandonata e se ne era andata vita, lasciandola nuovamente da sola. Scoppiò in lacrime, sentendosi sprofondare negli abissi del dolore. L’ennesimo dolore della sua vita tormentata. Era rimasta da sola ancora una volta, ma stavolta non ci sarebbe stato nessuno ad aiutarla, confortarla o a sostenerla.
La morte di Rose l’aveva scossa nel profondo, ma aveva deciso di non mollare, così da rimboccarsi le maniche, lavorando sodo.
I mesi passarono, lei decise di restare nella casa di Rose, finché non avrebbe trovato un'altra sistemazione. Andava a pulire i portici, spazzava i camini quando veniva ingaggiata, ma quando non accadeva, si metteva di fronte ad una chiesa a mendicare. Faceva ogni lavoro umile che le veniva concesso fare.
Un giorno, si era addormentata per strada mentre mendicava, di fronte ad una chiesa. Venne svegliata dal tintinnio di una moneta che veniva posta nel suo capello. Si svegliò aprendo gli occhi. Alzò lo sguardo e vide una bellissima donna, dai vestiti firmati Coco Chanel, abiti che aveva sempre sognato di indossare fin da bambina, ma che non gli era stato concesso. Sorrise e dentro di lei si riaccese una speranza e con ciò si accesero anche parte dei suoi sogni.
Si mise in piedi e per la prima volta dopo tanto tempo sentì un emozione che fece battere nuovamente il suo cuore. Era l’emozione dei propri sogni a cui non aveva mai rinunciato veramente. Non aveva mai fatto una cosa simile, ma volle provare qualcosa che non aveva mai provato. Afferrò la moneta facendola roteare tra le mani e scintillò improvvisamente. Quella era la scintilla della speranza. Si ricompose e cominciò a cantare a cappella una delle sue canzoni preferite “La vie en rose”. Alla prima nota che intonò sentì il suo cuore palpitare a nuova vita. Sentì la propria voce calda, cantare con il cuore. Non aveva mai studiato canto ma la sua voce soave e delicata rispecchiava la sua anima. L’ultima volta aveva cantato sporadicamente solo con sua madre, ma dopo che ella morì non lo aveva più fatto. Quando cominciò a cantare, una folla di persone si avvicinò per ascoltarla. La strada brulicava di persone sorridenti e felici che l'ascoltavano. Da quel giorno in avanti, continuò a cantare per le strade di Londra, finché un giorno mentre cantava la sua canzone preferita, si avvicinò un uomo, un musicista jazz, ma lei non lo sapeva. Era di carnagione scura, elegante e sembrava essere colto e affascinante. Quell'uomo si avvicinò, mettendosi al suo fianco, aprì la custodia dove teneva il suo strumento musicale e afferrò il suo sassofono. Lo strinse tra le mani e sorrise «Posso seguirti con il mio strumento?» chiese dolcemente «Sono George, George O'Connorr».
Claire sorrise notando quanto fosse affascinante quell’uomo. Aveva uno sguardo seducente e questo la intimoriva, ma nei suoi occhi castani non vedeva alcuna malizia ma solo gentilezza. Inizialmente rimase basita, non sapeva cosa stesse per fare ma quando gli chiese se poteva suonare mentre lei cantava sorrise «Io sono Claire, Claire Thompson» rispose. Mentre lui suonava con il suo sassofono, lei allietava con la sua voce i passanti, lungo tutte le strade di Londra.
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